martedì 19 marzo 2013

"Il Viaggiatore di Gennaio" di Teodora Trevisan

Carissimi lettori vi propongo nuovamente un romanzo pubblicato da Neos Edizioni e l'autrice è ancora una volta la giornalista Teodora Trevisan.

 "Uscì poco dopo. Scese le scale, raggiunse la via silenziosa e camminando velocemente si infilò nel vicolo acciottolato che tagliava il paese in due e ne costituiva la vena pulsante. Viste le dimensioni chiamarlo arteria sarebbe stato eccessivo. Superò il minuscolo caffè, dove scorse all’interno alcuni avventori intenti a giocare a tavli. Più avanti, sulla destra, riconobbe l’agenzia di viaggi. D’estate rimaneva aperta fino alle dieci di sera. Ora non vide nessuno al bancone, anche se la luce del piccolo locale era accesa.

Il viottolo saliva, con il suo fondo di ciottoli irregolari e sconnessi, fino alla sommità della collinetta. Di qui improvvisamente appariva la parte di paese che si stendeva al di là del porto, verso la parte ovest dell’isola.
Si fermò un attimo ad ammirarne la vista cercando di indovinare, dal bianco delle case che contrastava la notte, i contorni frastagliati del paese che si insinuavano tra il mare e la collina pietrosa.
Raggiunse la piccola insenatura dove erano ormeggiate alcune barche da pesca.
Poco sopra, tra il gruppo di case affacciato sulla minuscola baia, scorse l’insegna. Un ovale in legno agganciato allo stipite da due catenelle che, al vento, lo facevano ondeggiare. Vi era dipinto un veliero e la scritta «Capetan Nicolas».
Salì velocemente la scala in pietra. La grande terrazza, che ricordava occupata dai tavoli dipinti di azzurro e dalle sedie impagliate, era ora vuota. Rimanevano qualche panca addossata al muro e le latte che avevano contenuto olio o formaggio, ora utilizzate come vasi per i gerani.
Quando entrò nel locale fu subito avvolto da un buon odore di pesce fritto, poi dalle chiacchiere  animate provenienti da una tavolata di circa dieci persone e dallo sfrigolio dell’olio che, in due grandi tegami oltre il bancone, stava dorando patate tagliate a pezzi grossi e anelli di calamaro in pastella.
Per un attimo il film si interruppe e fu silenzio. I volti interrogativi dei dieci uomini tutti girati verso di lui, la frittura come sospesa e più mesta.
Un attimo. Poi Nicolas, il taverniere, sfilò, da sotto l’espressione truce, un sorriso amichevole e con un ampio gesto della mano indicò un tavolino a lato dei dieci uomini e disse «Oriste!».
Federico si sedette indirizzando un timido buonasera a tutti gli astanti. Così capirono subito che era italiano e la scena si rianimò."

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